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sabato 25 settembre 2010

VIAGGIO IN INDIA IN GROPPA...di MARK SHAND


Viaggio in India, in groppa al mio elefante.
Ogni vecchia dimora inglese nasconde tra le sue mura qualche disegno, un dipinto o magari un'incantevole, polverosa illustrazione d'epoca coloniale in cui è possibile contemplare l'intrepido esploratore che si avventura nel fitto della giungla minacciosa, oppure una gigantesca tigre del Bengala nell'atto di avventarsi con le fauci spalancate sui portatori atterriti, o un elefante imbizzarrito che devasta il campo di spedizione. Nel mettere in ordine qualche tempo fa la casa della nonna dopo la sua morte, Mark Shand scovò un disegno simile. Raffigurava un elefante maschio infuriato sul punto di caricare un piccolo mahout indiano. L'incanto fu così grande che Shand accarezzò per la prima volta l'idea di una pacifica passeggiata attraverso l'India in groppa a un elefante. L'idea, tuttavia, sarebbe rimasta nient'altro che un pensiero fugace, se qualche tempo dopo Shand non si fosse ritrovato a sfogliare un libro sull'India. Dalla pagina aperta ammiccava furbescamente un gentiluomo dalle lunghe basette con in capo uno sgargiante cappello piumato, seduto con nonchalance a cavalcioni di un elefante. Si trattava di Tom Coryat, l'eccentrico inglese che nel 1615 aveva raggiunto l'India per via di terra a piedi e, una volta al cospetto del Gran Mogol, aveva solennemente affermato: «Da quando sono arrivato in questa corte cavalco sempre un elefante, sì che ho concepito il proposito di far riprodurre un giorno (col favore di Dio) il mio ritratto, sul mio prossimo libro, in groppa a un elefante». Da quel momento, la prospettiva di vedere riprodotto su un libro il suo ritratto in groppa a un elefante divenne per Shand un'ossessione. Con o senza il favore di Dio, si imbarcò così un giorno per Delhi e, nei pressi di Daspalla, vide e comprò da un gruppo di mendicanti Tara, un'elefantessa che se ne stava addossata con noncuranza a un albero, l'incantevole posteriore squisitamente tornito in piena vista, come una prostituta a un angolo di una strada. Così ebbero inizio le peregrinazioni di Shand nel subcontinente indiano e le sue argute descrizioni di templi, villaggi, usanze che fanno di questo libro un affascinante racconto d'avventura e, al tempo stesso, un tenero romanzo d'amore. Lungo le strade che dal Golfo del Bengala portano a Sonepur, attraverso il Gange, fino al grande bazaar degli elefanti, Mark Shand infatti non soltanto apprende molti segreti dell'India rurale, di Ganesh, l'elefante dio, degli imponenti festival che scandiscono la vita dei villaggi, dell'esistenza di principi e mendicanti, poliziotti e prostitute, santoni e mercanti, ma si imbatte soprattutto in qualcosa di assolutamente inaspettato: nella constatazione che in India un inglese può innamorarsi del suo elefante, se l'elefante ha, come Tara, una personalità dolce, femminile e seducente.


martedì 21 settembre 2010

LE FOGLIE MORTE di Nazim Hikmet


Veder cadere le foglie mi lacera dentro

soprattutto le foglie dei viali

soprattutto se sono ippocastani

soprattutto se passano dei bimbi

soprattutto se il cielo è sereno

soprattutto se ho avuto, quel giorno, una buona notizia

soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male

soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami

soprattutto se quel giorno mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso

veder cadere le foglie mi lacera dentro

soprattutto le foglie dei viali

dei viali d'ippocastani.


Nazim Hikmet

sabato 18 settembre 2010

AUTUNNO di VINCENZO CARDARELLI


Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.

mercoledì 15 settembre 2010

LA CITTÀ DELLE ROSE - DALIA SOFER


DETTAGLI DEL LIBRO

Titolo: LA CITTÀ DELLE ROSE
Autore: DALIA SOFER
Traduttore: CATERINA LENZI
Editore: PIEMME
Data di Pubblicazione: 2008
ISBN-13: 9788838486906
Pagine: 318

LA TRAMA:
Un libro molto crudo, che parla ancora una volta degli orrori della guerra, della crudeltà di capi che usano la religione e anche assurde motivazioni per sfogare il loro odio, e giustificare quanto di più orribile può perpretarare un essere umano contro il suo simile, divenuto, improvvisamente, per un capriccio del destino “il nemico”!
Quattro persone che vivono qualcosa di immaginabile fino a qualche tempo prima:Isaac, ebreo nell’Iran dopo la deposizione dello Scià, che viene accusato di essere una spia, incarcerato, torturato, che cerca di restare lucido e fiducioso pensando al passato e augurandosi un futuro.Farnaz, la moglie, incapace di reagire, ma paziente nell’attesa, anche quando scopre che la domestica che riteneva affezionata e fedele, le si rivolta contro adottando la nuova logica dell’ingiustizia sociale, sobillata dal figlio, fanatico assertore del nuovo regime..Shirin, ancora troppo piccola, ma capace di un gesto tanto ingenuo, quanto rischioso, volto a salvare altre persone.Ed infine Parviz, il figlio maggiore, mandato a studiare in America, dove conosce l’amarezza del profugo e dell’esule. Una famiglia distrutta, come troppo spesso accade, dalla follia della guerra.

domenica 12 settembre 2010

LA CONTESSA DI CASTIGLIONE


L'unica,
una statua di carne,
la donna che fece l'Italia,
La vulva d'oro del rinascimento
così veniva definita la marchesina
Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, divenuta poi
LA CONTESSA DI CASTIGLIONE,
quando non ancora diciassettenne sposò il conte Francesco Verasis di Castiglione Tinella e di Costigliole d’Asti,.
Soprannominata “Nicchia”(per via del suo modo di rannicchiarsi),Virginia era bellissima e intelligentissima: alta, bionda, occhi verdi profondi e vellutati, il viso di un ovale perfetto. Alla bellezza aggiungeva anche un fascino particolare, che manifestava con abiti audaci, strani, a volte spettacolari, che non indossava mai più di una volta. Adorava i colori lilla, indaco, malva e violetto.
Dopo il matrimonio, Virginia si trasferì da La Spezia (la città in cui viveva) a Torino e fece il suo debutto alla corte di Vittorio Emanuele di Savoia, che ne rimase ipnotizzato. Anche il cugino Camillo Benso, conte di Cavour, rimase profondamente colpito dalla sua bellezza, ma la vide principalmente come la possibile pedina del suo gioco politico, convincere Napoleone Bonaparte ad allearsi coi piemontesi nella guerra contro l'Austria.
Così, trasferitasi a Parigi, le bastò una notte d'amore per raggiungere l'obiettivo, visto che neppure Napoleone seppe resistere al suo fascino.
Ma bellezza, fascino non bastarono a salvarla. Il marito chiese ed ottenne il divorzio e morì in un tragico incidente; poi fu la volta del figlio George, di vajolo.
Vittorio Emanuele, divenuto re d'Italia, dopo un anno di relazione l'abbandonò senza mezzi, mettendo fine alla sua vita lussuosa.
E anche la sua bellezza cominciava a sentire il fluire del tempo, e a soli 33 anni cominciò la sua ossessione. Si stabilì a Parigi, in un ammezzato di Place Vendôme, fece coprire tutti gli specchi con panni neri, nascose anche il viso dietro un velo nero, non volle vedere più nessuno, morì sola e psicologicamente instabile il 28 novembre 1899.
È sepolta al cimitero del Père Lachaise, a Parigi, perchè anche le sue ultime volontà:
a) essere sepolta a La Spezia dove era vissuta,
b)con i suoi due cani imbalsamati,
c)col vestito e i gioielli della notte passata con Napoleone,
non furono rispettate.

giovedì 9 settembre 2010

ACQUA - BAPSI SIDHWA



Siamo in in India, nel 1938 .
Chuya è una bimba di 8 anni, ne aveva solo 6 quando è stata fidanzata a un uomo anziano e 7 quando si è sposata. Ma il marito è morto e lei, secondo l'antica consuetudine hindu, è stata condotta nell'ashram delle vedove dove dovrebbe vivere in penitenza sino al giorno della sua morte. Non può mangiare carne, non può indossare abiti colorati, solo quella tunica bianca, non può far crescere i capelli. È una donna non donna, e passato il primo momento di sbigottimento, nella piccola inizia a crescere la ribellione.
I suoi occhi vedono cose che non dovrebbero vedere, ingiustizie, violenze morali da parte delle vedove più anziane incattivite dalla giovinezza e dalla bellezze di altre sventurate.
E così, quando la sua amica Kalyani, una bellissima vedova costretta a prostituirsi, stringe una relazione clandestina e proibita con un giovane idealista gandhiano appartenente alla buona società indiana, è Chuya a guidare la rivolta nell'ashram delle vedove, permettendole di fuggire con l'amato. E anche per lei ci sarà un risvolto positivo.
Un libro bellissimo che squarcia i veli su barbari costumi di lontani paesi e sulla condizione della donna umiliata, maltrattata, considerata come una nullità.

lunedì 6 settembre 2010

Gli animali in poesia

IL GATTO

Vieni, bel gatto mio, qui sul mio cuore,
le tue unghie ritrai,
e lasciami tuffar negli occhi tuoi
d’agata e metallo.

Se le mie dita lisciano a piacere
il capo e il dorso elastico,
e la mano palpeggia con ebbrezza
tutto il tuo corpo elettrico,

io rivedo la mia donna. Lo sguardo
è il suo, bestiola amabile,
freddo e profondo incide come un dardo,
e, dal capo alle grinfie,
un’aura fine e un periglioso odore
sul bruno corpo aleggiano.

CHARLES BAUDELAIRE

giovedì 2 settembre 2010

LA POESIA DEL MESE

I PASTORI

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io co' miei pastori?

Gabriele D'Annunzio